Nota critica di Carlo Francou
I monti pallidi, così vengono chiamate dal Settecento le Dolomiti. Un appellativo che salta subito alla mente in chi osserva le opere di Alessandra Chiappini dedicate alle montagne forse più celebrate del mondo per quei pinnacoli appuntiti che sembra siano stati modellati dalla mano di uno scultore.
Cattedrali di roccia costruite in milioni di anni da piccoli organismi in un mare che oggi non c'è più, destinate a loro volta ad un lento ma progressivo disgregamento che le renderà sempre più assottigliate, e per questo, misteriose.
Chiappini ha fissato nei suoi dipinti l'essenza stessa di queste cime: la loro maestosità e al tempo stesso la loro elegante leggerezza.
Sfruttando al meglio il segno grafico ha messo in evidenza le stratificazioni e l'erosione del tempo e con l'ausilio di poche pennellate ben distribuiite ha creato un gioco cromatico di sicura resa compositiva.
E' l'incontro tra gli azzurri di cieli eterei che in certi casi si trasformano in un pulviscolo di sabbie cristallline e la silenziosa maestosità di quei rosa che avvolgono con la loro calda solarità ogni anfratto roccioso.
Sono paesaggi pensati e riscoperti dove è possibile ascoltare il sussurro del tempo che scorre via lento portando con sè il fremito di luoghi vissuti.
Carlo Francou