Uno spettacolo grandioso, nel ricordo di mio padre
Arrampicare è sentirsi intensamente vivi, in un contatto fisico e sconvolgente con la natura potente, soprattutto negli occhi di un'artista, in memoria di un alpino. Ecco come sono arrivata in vetta alla cima Grande di Lavaredo.
Scio da quando avevo quattro anni, e cammino in montagna da sempre, ma ad un certo punto, quando ero già mamma da un po’, ho desiderato imparare a scalare, alla ricerca di un contatto ancora più intenso con la montagna. Ho imparato un po’ di tecnica sulle pareti artificiali in città, e ho iniziato con qualche arrampicatina alle Cinque Torri, sulla Torre Falzarego e poi alla Punta Fiames sul Pomagagnon.
Quella è stata per me, mammina cittadina, veramente difficile e paurosa, con i suoi 500 metri di dislivello verticale, in gran parte di quarto grado con un camino umido e viscido, e la mia fidata guida sempre 35 metri più avanti, dove non potevo vederla nè sentirla (secondo il suo fair-play montanaro alzare la voce è inelegante).
Così per l’estate successiva ho scelto una meta più facile ma sicuramente appagante: la Cima Grande di Lavaredo, la maggiore del gruppo solitario più monumentale delle Dolomiti. E volevo in qualche modo andarci con mio padre, appassionato alpino, scomparso l’estate precedente, quindi ho deciso di portare con me un suo piccolo cappello da alpino di rame, un modello che aveva sempre tenuto sul comodino, per lasciarlo lassù a gustarsi il panorama.
La salita per la via normale, di terzo grado, è stata divertente e non stressante, a parte il salto di un baratro terrorizzante, che mi sono decisa a superare solo grazie alla mano protesa del mio amico guida che mi aspettava al di là. E poi siamo arrivati in cima, in mezzo alle guglie di roccia, ma appena più in alto, praticamente in cielo, sopra un panorama sterminato.
Abbiamo fatto un piccolo riparo fra i sassi per il cappello alpino, fatto un saluto alla statuetta della Madonnina e fatto amicizia con due simpatici turisti americani. Siamo scesi tutti insieme con una serie di corde doppie ed un nevaio scivoloso finale e abbiamo festeggiato con una birra, felici.