Presentazione di Stefano Fugazza
Niente da dire se un artista si mette in testa di ispirarsi a ciò che vede direttamente, con i suoi occhi: il volto di una persona; o un paesaggio, un angolo di natura; o una serie di oggetti che magari lui stesso ha disposto in un certo ordine, secondo una certa sequenza. Niente da dire; anche se ben difficilmente un pittore ci potrà restituire l’emozione che abbiamo provato di fronte a un paesaggio vero, sotto determinate condizioni di luce, in un’ora magica e irripetibile; e allo stesso modo è dubbio che un volto dipinto possa risultare altrettanto espressivo di uno reale.
A un artista è però lecito proporsi altri obiettivi, un’indagine diversamente orientata, per esempio il riconoscimento di quei legami sotterranei che si instaurano tra le cose tutte, sulla terrra e fuori da essa, dentro la nostra psiche e nei movimenti incessanti della natura (e forse nelle convulsioni stesse della storia).
Si tratta di una circolazione continua tra enti e realtà che si direbbero incompatibili, tanto che tendiamo a disconoscerla, perché sfugge alle nostre velleità classificatorie e alle nostre pretese di definitiva razionalizzazione. Chi, del resto, se non un artista dovrebbe accingersi a questo riconoscimento, pur sapendo che non potrà distribuire certezze, conclusioni scientificamente accertate?
Su una simile strada suggestiva ed impervia si è posta, da tempo, Alessandra Chiappini, che in questo nuovo ciclo, ispirato a un sorprendente, bellissimo testo poetico del marito Stefano Torre, conferma la sua speciale qualità di evocatrice di miti, di creatrice di un mondo complesso, sospeso tra memoria e mistero. E il punto fondamentale è che, nel suo caso, il proposito - quello di suggerire insospettabili incroci e intrecci tra le cose, le esistenze, gli astri - non rimane astruso ed astratto ma si traduce in composizioni nitide, limpide, in cui trova posto (per fortuna!) la leggibilità.
Alessandra Chiappini, infatti, non si limita ed esprimere un sentimento che, con tutta evidenza, prova intensamente (un sentimento che è parente delle “corrispondenze” baudelairiane), ma mette in atto tutta una strategia, basata sul ricorso coerente a determinate tecniche, perché il pensiero risulti icastico, suggestivo, in grado di alimentare nell’osservatore altri pensieri, e immagini e ipotesi e sogni. Il collage, il disegno, la pittura gestuale e vari altri mezzi di cui si serve l’artista, tutto viene subordinato all’idea centrale, che è la visualizzazione, la traduzione figurale ed estetica di una convinzione, al tempo stesso filosofica e morale, quella della profonda unità del tutto.
In questo modo, Alessandra Chiappini si ritaglia un suo posto del tutto originale nel panorama attuale dell’arte piacentina, al di fuori delle linee prevalenti, che si volgono a una sorta di padano surrealismo o si accontentano di una figuratività piana. Una ragione in più per proseguire un cammino così, inedito e promettente.
Stefano Fugazza